L’assessore regionale Vinti annuncia che si sta lavorando per una proposta di modifica alla legge regionale per adeguarla alla recenti normative statali e UE
“Il gruppo di lavoro costituito dalla Giunta regionale dell’Umbria è fortemente impegnato nell’elaborazione di una proposta organica di modifica della legge regionale sull’edilizia residenziale pubblica, così che la normativa possa concretamente rispondere alle mutate esigenze in materia di diritto all’abitazione”: lo annuncia l’assessore regionale alle politiche abitative, Stefano Vinti, sottolineando che dell’organismo fanno parte, oltre ai competenti Servizi della Regione Umbria, i rappresentanti di Anci e Ater regionali e delle organizzazioni sindacali degli inquilini maggiormente rappresentative.
“Un lavoro – prosegue l’assessore – in coerenza con gli sforzi della Giunta regionale di salvaguardare, sia nel DAP che nella proposta di legge di Bilancio, le risorse necessarie ad attuare, per quanto possibile, la propria politica in materia di edilizia residenziale pubblica nonostante i tagli operati dal Governo nazionale”.
Nel corso del 2010 l’impegno della Giunta regionale in materia di “housing” sociale” – ricorda Vinti – si è concretizzato con l’emanazione della legge regionale n.19/2010 istitutiva dell’ATER regionale e con l’avvio di una riflessione sulla legge regionale in materia di edilizia residenziale pubblica (L.R. 8 novembre 2003, n. 23), anche in relazione alle modifiche del contesto nazionale e regionale.
E’ stata quindi ravvisata la necessità di introdurre nella normativa regionale il concetto di “alloggio sociale” per adeguarsi alle disposizioni introdotte con il Decreto Ministero delle Infrastrutture del 22.4.2008 e per soddisfare le condizioni imposte dall’Unione Europea ed escludere i finanziamenti pubblici in materia di edilizia residenziale dalla categoria degli “aiuti di Stato”.
Il Decreto definisce infatti l’edilizia pubblica come “servizio di interesse generale”, finalizzato a soddisfare il diritto all’abitazione delle categorie sociali che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.
Gli operatori del settore (pubblici e privati) sono “erogatori del servizio di edilizia residenziale sociale”, ai quali, quindi, spetta una compensazione, costituita, tra l’altro, dal canone di locazione.
Infine, l’alloggio sociale, in quanto “servizio di interesse economico generale”, deve costituire standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali.
“Non si può, dunque, prescindere dall’introdurre nella legge tale definizione, che, peraltro, potrà influenzare anche le modalità di determinazione del canone di locazione, in quanto impone la necessità di garantire risorse adeguate a sostenere l’onere di gestione del servizio – ha detto Vinti –
Inoltre, recentemente la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 40 del 9.2.2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge Regione Friuli-Venezia Giulia 31.3.2006 n. 6 il quale consentiva l’accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione soltanto ai cittadini comunitari residenti da almeno trentasei mesi.
La Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale concernente la violazione dell’art. 3 della Costituzione, rilevando che la disposizione non risulta rispettosa del principio di uguaglianza ed introduce nel tessuto normativo elementi di distinzione arbitrari, discriminando tra i possibili fruitori delle provvidenze sociali fornite dalla Regione i cittadini extracomunitari in quanto tali, nonché i cittadini europei non residenti da trentasei mesi”.
Secondo l’assessore “la decisione della Corte deve, quindi, essere rispettata nel determinare i requisiti di accesso agli alloggi pubblici, prevedendo parametri univoci per i cittadini italiani, europei e stranieri. Alla luce di quanto evidenziato sebbene sia possibile esprimere un giudizio sostanzialmente positivo dell’attività realizzata dall’entrata in vigore della legge regionale 23/2003 si è riscontrata, anche a seguito dell’esperienza maturata presso i Comuni umbri, la necessità di attivare un processo condiviso che consenta di modificare le disposizioni vigenti per far fronte alle mutate esigenze”.