Creato nel 1850 nel regno sabaudo, ora gestirà Fondo strategico

Una Spa nelle mani del Tesoro per finanziare gli investimenti pubblici e mantenere partecipazioni strategiche nelle maggiori società pubbliche. È il profilo avuto finora dalla Cdp, la Cassa depositi e prestiti, istituto nato nel 1850 nel regno sabaudo e che nel tempo ha cambiato pelle più volte, fino all’ultima metamorfosi che gli consentirà – forte della sua massa finanziaria di quasi 240 miliardi – di gestire il fondo di matrice tremontiana per difendere le imprese strategiche del Paese. E così da banca ottocentesca creata per raccogliere i depositi dei piemontesi quale “luogo di fede pubblica”, la Cassa – dopo gli investimenti nei fondi di private equity per le infrastrutture e le Pmi – ora allarga nuovamente i suoi orizzonti per poter intervenire a sostegno di aziende di grandi dimensioni, anche private, a partire dalla Parmalat.

La Cdp – dopo essere stata a lungo una direzione generale del Tesoro – dal 2003 è una società per azioni controllata dal ministero dell’Economia con una quota del 70%, mentre il restante 30% è in mano a 66 fondazioni di origine bancaria. L’attività principale è il finanziamento degli investimenti del settore pubblico, con una raccolta di fondi che avviene soprattutto attraverso l’emissione di buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio (che godono della garanzia diretta dello Stato, come Bot e Cct).

La raccolta postale è alla base dell’attività di Cdp di gestione, insieme alle banche, di fondi agevolati per le imprese (fondi rotativi) e degli interventi a sostegno delle Pmi realizzati attraverso la provvista al settore bancario vincolata questo fine. Dal 2009, poi, la Cassa può finanziare direttamente interventi di interesse pubblico, fatti anche con il concorso di privati, senza incidere sul bilancio pubblico: i finanziamenti però devono essere diretti a operazioni con adeguati meriti di credito e sostenibilità finanziaria. Oltre a questo può finanziare aziende, infrastrutture e progetti attingendo alla raccolta ordinaria, non garantita dallo Stato. Ma se “finanziare lo sviluppo del Paese” resta la missione istituzionale da 160 anni, il ruolo della Cdp è ormai sempre più articolato. Il portafoglio azionario è composto da società quotate e non quotate: ha il 26,4% di Eni e il 29,9% di Terna, mentre fino all’anno scorso aveva partecipazioni anche in Enel e Poste. Negli ultimi anni, poi, la Cassa ha allargato l’attività partecipando a fondi di private equity come il Fondo italiano per le infrastrutture (F2I), il Fondo italiano di Investimento, il fondo internazionale Marguerite e il fondo Fia per il social housing (con Acri e Abi). Inoltre, partecipa all’incentivazione del partenariato pubblico-privato e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. I risultati della società, del resto, sono in crescita. Il primo semestre 2010 si è chiuso con un attivo patrimoniale salito a 235,025 miliardi, con un +3,5% rispetto alla fine del 2009.