“Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali”.

Pur non avendo dirette competenze in materia, già con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza nel 2000, l’Europa dichiarava che il diritto alla casa sociale è compreso tra quelli fondamentali. Più recentemente, nella “Comunicazione della Commissione sui servizi sociali di interesse generale nella UE (2006)” fra i servizi sociali viene indicato l’“Housing Sociale, che fornisce abitazione per cittadini svantaggiati o gruppi socialmente meno avvantaggiati”.

“Farsi la casa” o “adattare un luogo ad alloggio” fa parte della storia sociale dell’abitare. Anche in tempi recenti, nei quali la tecnologia edilizia ha assunto un carattere specialistico e industriale, la pratica di costruire direttamente, in tutto o in parte, la casa in cui si andrà ad abitare, è rimasta diffusa soprattutto fra i ceti popolari. Si tratta di buone pratiche molto comuni nei paesi in via di sviluppo, ma anche in alcuni paesi del Nord Europa e in molti stati del Nord America.

Oggi per questi due approcci all’abitare sostenibile esistono procedure edilizie con specifiche e consolidate modalità e tecnologie costruttive, dirette e coordinate da professionisti, attraverso la quale un gruppo associato e volontario di persone o di famiglie realizza, nel tempo libero dal lavoro o dall’occupazione principale, la propria abitazione. Allo stesso tempo, presuppone la scelta di operare in maniera associata, di condividere con altre persone la sfida e l’impegno che l’Autocostruzione comporta.

“Fare l’Autocostruzione e Autorecupero” significa partecipare attivamente e condividere un processo di produzione dell’alloggio, nel quale i futuri abitanti sono direttamente e materialmente impegnati. Gli autocostruttori sono una comunità organizzata, autogestita, e assistita nelle procedure e nei lavori da personale tecnico professionale esperto ed accreditato.

L’ Autocostruzione e l’Autorecupero raccolgono inoltre l’eredità antica di cui sono portatori tanti nuclei familiari che nel nostro paese sceglievano, per contenere i costi di costruzione, di realizzare la casa con le proprie mani, mettendo a disposizione il tempo libero e le loro capacità manuali. Agire in maniera associata con altre persone, e assistiti da professionisti, permette di condividere le responsabilità, le problematiche, le difficoltà che accompagnano necessariamente un impegno come quello dell’Autocostruzione e dell’Autorecupero.

L’Autocostruzione e l’Autorecupero, che possono essere totali o parziali (e con varie gradazioni), consentono un sensibile abbattimento del costo di costruzione e di accesso ad una abitazione. L’abbattimento è in stretta relazione con la percentuale di opere realizzate in Autocostruzione, e può oscillare tra il 40 e il 60%, per gli interventi completati nei tempi previsti secondo il progetto iniziale.

Attualmente, le scelte progettuali e tecnologiche utilizzate nell’Autocostruzione assistita e nell’Autorecupero parziale consentono di realizzare abitazioni ed edifici competitivi con quelli della produzione corrente sul piano della qualità architettonica, della durabilità, del risparmio energetico, della biocompatibilità.

Questo processo diventa, inoltre, un utile strumento sia per la formazione di mano d’opera che per l’incremento delle opportunità di impiego degli stessi autocostruttori.

Ma porre l’accento sugli aspetti tecnico–costruttivi ed economici non esaurisce il tema, e rischia addirittura di essere fuorviante.

Le politiche abitative di stampo sociale quali Autocostruzione e Autorecupero tentano di rispondere ad un’esigenza crescente del bisogno abitativo da parte delle fasce economiche più deboli ma anche di una estrema fragilità del sistema degli appalti, troppo spesso soggetti a speculazioni facili e a vere e proprie incursioni da parte di scaltri operatori che mirano al profitto a scapito dell’utente finale. Inoltre la crisi economica ha portato ad un depauperamento delle risorse finanziarie degli Enti Locali che sempre meno provvedono a realizzare abitazioni di tipo popolare optando per la vendita dei terreni pubblici a imprese che in cambio offrono un quota degli alloggi finiti, troppo spesso però aventi costi troppo elevati per chi aspirerebbe ad acquistarne uno o a prenderlo in locazione. Non basterebbero interi libri per descrivere la situazione in cui versa il sistema dell’edilizia popolare in Italia e non è questa la sede, tuttavia per conoscenza si possono consultare i siti dell’Unione Inquilini o dei diversi movimenti di lotta per la casa divisi per province e comuni.

L’Autocostruzione e l’Autorecupero non si pongono certo come le soluzioni ultime ma come ottime soluzioni e soprattutto come buone pratiche a cui tendere per il futuro. Dal punto di vista degli aspetti organizzativi essi si possono definire in estrema sintesi come particolari situazioni del processo edilizio in cui uno o più attori dell’iter stesso coincidono con l’utilizzatore finale del prodotto.

In Italia le “novità” a scopo sociale potrebbero essere usate come specchietti per le allodole facendo sì che compaiano Enti, Consorzi, Onlus e quant’altro che di sociale hanno solo il pretesto, di reale hanno la volontà di intascare da chi crede veramente in queste forme di partecipazione. Quando le Amministrazioni pubbliche si convincono di investire nell’Housing Sociale si devono affidare non alle competenze di un tecnico comune ma di uno staff di persone preparato che garantisca la cura degli aspetti sociali e organizzativi fra gli attori del processo edile che in gran parte saranno gli utenti finali, che monitori e porti avanti l’iter finanziario e burocratico della complessa genesi del processo autocostruttivo o di Autorecupero, che svolga la funzione di facilitatore nei processi della progettazione partecipata prima e delle fasi operative di cantiere dopo. Il danno, nel caso di affidi la gestione di processi di Autocostruzione o Autorecupero alle competenze di speculatori che intascano dal pubblico per le loro consulenze e di fatto concludono poco o niente, non è solo economico – perché viene sottratto denaro – …il danno è cronico: le Amministrazioni che vedessero il fallimento anche solo di un intervento non si fiderebbero più di investire in queste forme di partecipazione, a danno di tutti i possibili beneficiari che ne hanno bisogno, che ci credono e che da soli si sentono persi. In Italia i cantieri di Autocostruzione in regola con tempi e costi previsti in progetto sono pochi rispetto a quello che nelle fonti di divulgazione immediata come il web appare.

Per l’Autorecupero la situazione deve affrontare criticità differenti che si intrecciano spesso con l’occupazione coatta di immobili pubblici dismessi (in numero inferiore gli immobili privati) da parte degli inquilini [Fonte: ricerca nell’ambito del progetto “Il Cantiere di Autocostruzione” svolto dall’Arch. Mariangela Martellotta presso la Fondazione Michelucci] Controllare bene prima di affidarsi a chi si spaccia per esperto… non sempre lo è… Basta anche un semplice monitoraggio sul web delle esperienze dichiarate e poi una verifica delle stesse, se possibile sul campo o quanto meno telefonica alle amministrazioni proponenti o agli stessi utenti se già insediatisi negli alloggi.

Un complesso di fattori ha concorso negli ultimi anni a quella che viene definita “la nuova questione abitativa”: fattori demografici (le dimensioni dei nuclei familiari si sono ridotte, si vive più a lungo, l’immigrazione è cresciuta, le famiglie si rompono più facilmente); fattori sociali (aumenta il numero di famiglie indebolite dalla crisi, ricompare la povertà abitativa, la disoccupazione crescente accentua le diseguaglianze e la polarizzazione sociale); fattori legati ai mercati immobiliari (insufficienza di offerta sociale, riduzione delle risorse pubbliche, erosione e peggioramento dei costi dei mercati dell’affitto, crescita della rendita immobiliare).

Si tratta di una situazione non solo italiana. L’aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche che si registra a livello europeo e globale, come dal 2008 documenta l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) ha avuto una pesante ricaduta anche sul versante abitativo. In Europa la crisi alloggiativa riguarda ormai 70 milioni di persone mal alloggiate, delle quali circa 18 milioni sono alloggiate precariamente e 3 milioni risultano senzatetto [Fonte: International Alliance of Inhabitants]. Si tratta di persone escluse dal mercato immobiliare, a cui né i singoli stati, né le autonomie locali, né il Social Housing promosso da privati riescono ad offrire soluzioni soddisfacenti.

Tutti i paesi dell’Unione Europea hanno ratificato i trattati internazionali e le convenzioni che riconoscono e proteggono il diritto alla casa: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art.25), la Convenzione Internazionale sui Diritti economici, sociali e culturali (art.11), la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (art.27), la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (artt.14 e 15), la Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali (art.8), la Carta Sociale Europea (artt. 15, 16, 19, 23, 30, 31), la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 2, comma 94).

Malgrado questo riconoscimento legale degli stati membri dell’UE (spesso rafforzato dalle costituzioni e dalle legislazioni nazionali), e a dispetto dell’impegno supplementare degli stati per l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 7-11 – che prevede il miglioramento delle condizioni abitativa per 100 milioni di persone mal alloggiate entro il 2020 – e della Strategia di Lisbona per l’inclusione sociale a livello europeo, il diritto alla casa è sempre più violato.

Solo recentemente, quando l’intreccio tra precarietà economica e difficoltà ad accedere o a mantenere una casa si è evidenziato come un elemento centrale per la lotta all’esclusione sociale e alla povertà, l’aumento delle risorse di Housing Sociale è tornato ad essere una priorità per molti paesi.

L’Autocostruzione e l’Autorecupero a scopo sociale che si cercano di promuovere in Italia da anni intrecciano politiche sociali e cultura dell’abitare, si presentano come buone pratiche di “politiche urbane vicine agli abitanti” nelle nostre società e adeguate in presenza di situazioni o di rischi di esclusione.

In questo senso l’Autocostruzione e l’Autorecupero sono tasselli importanti della configurazione di politiche attente alla specificità dei diversi bisogni abitativi; di politiche non assistenziali, ma che valorizzino invece le risorse e le capacità di cui gli abitanti sono portatori.

Purtroppo la legislazione in materia e le linee guida in merito sono ancora esigue e poco note ma ArchitetturaEcosostenibile.it vi fornirà degli esempi eclatanti che potranno farvi comprendere l’importanza di queste scelte radicali per l’abitare sostenibile.