Lentezza nella predisposizione degli accordi e norme contraddittorie, necessari dei correttivi
“Viste le carenze o la lentezza dei risultati, si è inteso esprimere un giudizio comunque non positivo sull’efficacia, efficienza ed economicità della spesa pubblica che è stata destinata al programma straordinario ed al piano casa”.
Due obiettivi mancati.
E’ questo, in estrema sintesi, il verdetto espresso dalla Corte dei Conti sulla gestione del piano nazionale per il Social Housing, con considerazione per l’intera durata del Piano.
Lanciato dal Governo Berlusconi nel 2008, e affidato al Ministero Infrastrutture, il Piano non riesce a centrare i suoi obiettivi: né la realizzazione di alloggi “sociali” per le categorie meno agiate, né l’attenuazione del disagio abitativo nei Comuni di oltre 10mila abitanti e nei centri ad alta tensione abitativa.
Tempi troppo lunghi e ritardi delle Regioni.
Modesti i risultati ottenuti e forti i ritardi, annota la Corte: “si è posto in rilievo che la gran parte del tempo finora trascorso, a decorrere dalle previsioni di legge concernenti il Piano casa, è stato impiegato principalmente in attività preliminari e propedeutiche rispetto alla sua concreta realizzazione in termini di acquisizione e disponibilità di alloggi per le categorie più disagiate nelle situazioni di più alta tensione abitativa, rispetto, cioè, allo scopo finale perseguito”.
La Corte si riferisce in primis al dialogo serrato che ha visto confrontarsi per lungo tempo Regioni e Stato per la ridefinizione di risorse e competenze e che ha comportato un periodo di quasi tre anni per individuare la società di gestione del risparmio (Sgr).
Attenzione ai residui passivi delle spese.
Il ritardo, prosegue la Corte, lo si deduce dai numeri stessi: sugli 884 milioni di dote totale, sono stati finora impegnati 728 milioni e solo 290 milioni sono stati attualmente erogati. Questi dati e questo allungamento dei tempi sono rischiosi, allerta la Corte, evidenziando “il notevole importo dei residui passivi delle spese di cui trattasi, su cui grava il rischio della perenzione amministrativa, e cioé della loro eliminazione dal bilancio dello Stato”.
La lentezza delle procedure, conclude la Corte dei Conti, implica la necessità di correggere alcuni aspetti della normativa, facendo attenzione ai residui passivi delle spese e alle tempistiche.