L’andamento del settore immobiliare in Cina presenta valutazioni contraddittorie e spesso di difficile interpretazione
Esiste una mini ripresa, il cui impatto e’ tuttavia ancora da valutare. E’ difficile infatti capire se sia rallentata la flessione, se si sia arrestata o se addirittura sia partita la ripresa. Da ottobre, dopo la settimana di vacanza per la Festa Nazionale, il CSI300 Index (che misura gli andamenti alle Borse di Shanghai e Shenzhen delle aziende piu’ grandi) del settore immobiliare e’ cresciuto molto di piu’ di quello generale, dando forza agli argomenti di chi presume che la crisi stia volgendo al termine. Sulla stessa lunghezza d’onda vanno registrati gli aumentati acquisti dei suoli da concedere alle societa’ costruttrici. Nel solo mese di settembre ben 15 societa’ hanno acquistato terreni – rispetto alle 8 di agosto – stabilendo cosi’ il record per il 2012
Puo’ significare una disponibilita’ finanziaria cospicua da riversare sul mercato appena la restrittiva politica del governo accenni a moderarsi. Il numero delle transazioni e il livello dei prezzi, soprattutto nelle metropoli, sono in leggero aumento. Oltre questi indici che inducono a un prudente ottimismo, si rafforza la consapevolezza che per ridare fiato all’economia – il Pil tocchera’ nel 2012 il suo incremento piu’ basso da 23 anni – non si possa prescindere dall’immobiliare. L’incremento della costruzione di infrastrutture pubbliche lascia presagire un analogo movimento anche dell’edilizia privata. Tuttavia i segnali sono ancor deboli per certificare un’inversione di tendenza
Anche se migliorano, le vendite sono ancora lontane dai livelli di due anni fa. In realta’ le case invendute sono ancora moltissime, cosi’ come shopping center, palazzi per uffici e intere nuove citta’ sono tuttora vuote. Sono i risultati di una serie di misure che Pechino ha imposto nell’aprile 2010 per impedire lo scoppio di una bolla immobiliare. Le dimensioni del fenomeno – anche nel ricordo del disastro statunitense o spagnolo – erano cosi’ allarmanti che il governo ha deciso di aumentare le tasse per le seconde case, rendere piu’ difficile l’accesso ai mutui, imporre un piu’ cospicuo anticipo per l’acquisto. I risultati sono stati raggiunti, almeno nell’evitare il pericolo principale dello scoppio della bolla. Il luxury housing si e’ arrestato, bloccando la speculazione legata alle costruzioni di lusso. Ne hanno risentito pero’ due aspetti cruciali: l’andamento economico nel suo complesso e l’offerta di case a prezzi contenuti per la classe media cinese. Quest’ultima non riesce ad acquistare un’abitazione propria se non a prezzo di sacrifici prolungati nel tempo. Subisce una penalizzazione proprio perche’ l’attivita’ edilizia e’ stata indirizzata verso soluzioni piu’ speculative. Un progetto di social housing sarebbe politicamente attuabile, economicamente sostenibile e socialmente utile. La dirigenza dovrebbe affinare le proprie scelte, incoraggiando alcuni aspetti e penalizzandone altri. Gli immobiliaristi dovrebbero cercare soluzioni ugualmente redditizie. Vanke, la seconda societa’ del settore, ha gia’ ideato dei micro appartamenti nelle zone piu’ congestionate. E’ una scelta che puo’ rivelarsi lungimirante: non solo gli affitti nelle citta’ sono ormai insostenibili ma anche 50 milioni di famiglie – dei 230 che vi vivono – abitano in condizioni di insalubrita’ e senza accesso ai servizi. Rendere possibile il miglioramento di queste condizioni di vita puo’ rivelarsi un affare piu’ cospicuo che costruire grandi edifici o ville destinati a rimanere vuoti.
Alberto Forchielli è Presidente di Osservatorio Asia