Il sindaco: «Puntiamo su ricerca, sapere e innovazione»
«Ora si tratta di fare il salto». Il salto, per dirla con le parole di Piero Fassino, è trasformare una città che si è scoperta meta gradita agli studenti universitari d’Italia e non solo in un campus. Questione di vocazione. «Ricerca, sapere, innovazione devono diventare un tratto dell’identità di Torino». La base da cui partire, sostiene il sindaco, c’è: è il boom di iscrizioni negli atenei.
Che immagine restituisce?
«Racconta una città che, nei fatti, ha una vocazione consolidata nell’alta formazione. I dati sulle iscrizioni ai test d’ingresso all’Università sono confortanti. Quelli delle immatricolazioni al Politecnico sono di straordinario valore: più 20 per cento di stranieri; oltre un giovane su tre proveniente da un’altra regione italiana. È la conferma di quanto il Politecnico sia un’eccellenza, fatto confermato da due eventi recenti: nella ripartizione dei fondi ministeriali è l’ateneo che ha ricevuto il contributo premiale più alto; il rettore Profumo è stato nominato alla guida del Cnr».
Come tradurli in valore aggiunto per la città?
«Lo sono già. Il Politecnico, proprio perché considerato ai vertici, funge da calamita per attrarre imprese, che sempre più guardano a Torino come sede per insediare le proprie attività di ricerca e innovazione, e spesso cercano di farlo nei dintorni e all’interno dell’ateneo. L’ultimo caso è di ieri».
Vale a dire?
«Dopo l’incontro in Comune, l’amministratore delegato di Nuance (la multinazionale che ha appena acquistato Loquendo, ndr) è stato al Politecnico per capire quali rapporti di cooperazione stabilire. La stessa Telecom, i cui vertici erano ieri a Torino, intende intensificare le proprie attività di ricerca. E altre imprese hanno manifestato analoghe intenzioni. Stiamo lavorando per trovare loro gli spazi adatti. Insomma, c’è un capitale di ricerca, innovazione, tecnologia, che non si ferma al Politecnico. Anche l’Università degli Studi è un ateneo di eccellenza. E poi c’è la scuola di applicazione d’arma, il polo dell’Onu, l’Istituto europeo di formazione, l’Isi, il Csi».
Spesso procedono ciascuno per la propria strada.
«Però restituiscono la dimensione di una città del sapere e ci mettono nelle condizioni di investire per fare di Torino una metropoli universitaria, che non significa solo avere tanti studenti, ma organizzare la città intorno ai poli del sapere, ai loro ritmi ed esigenze. Siamo nelle condizioni di compiere il salto».
Con quali azioni?
«Innanzitutto completando la riorganizzazione dei poli universitari già in corso: Italgas, Manifattura Tabacchi, Aldo Moro, Città della Salute, Grugliasco, Cittadella politecnica. A quel punto la città sarà un grande campus».
Poi?
«Lavorare per attrarre università straniere, così da incrementare qualità e respiro internazionale. Sono in corso contatti con alcuni atenei americani».
Serviranno residenze e posti letto che oggi mancano.
«Li costruiremo: nuovi complessi e social housing per studenti, contando che in questa città ci sono 140 mila persone che vivono sole e magari hanno lo spazio -e forse anche la necessità – di avere uno studente in casa. Per questo, con i due atenei, metteremo in piedi un’agenzia di mediazione che aiuti chi ha un appartamento o una stanza da affittare a entrare in contatto con i giovani».
Prima parlava di ritmi ed esigenze di una città universitaria. Può fare un esempio?
«I trasporti. Con Gtt abbiamo deciso dalle prossime settimane di estendere oltre la mezzanotte l’orario di funzionamento della metropolitana da martedì a domenica. E riorganizzeremo le linee di superficie».
Uno dei limiti del sistema Torino negli anni scorsi è stato il rapporto competitivo tra Università e Politecnico.
«Lo si dovrà superare. Per fare una metropoli universitaria occorre dotarsi di strumenti: presto firmeremo Accordi di programma con gli atenei per definire tutto ciò di cui c’è bisogno. E attiveremo un tavolo del sapere e della conoscenza che si riunirà periodicamente e a cui parteciperanno tutti i responsabili degli enti. Sarà decisivo per attrarre investimenti nel campo della ricerca e della cooperazione, e compiere le scelte di fondo».
Un esempio?
«Città della Salute: se sarà concepita come la riorganizzazione del sistema ospedaliero torinese non avrà valore aggiunto; ma se diventerà un punto d’eccellenza saprà essere attrattiva per i grandi centri di ricerca farmaceutica e nelle biotecnologie».