Il campo Tav e il suo superamento come luogo di alloggio per famiglie in emergenza, è stato al centro di un dibattito organizzato dal Sermais.
Nel corso dell’incontro, a cui hanno partecipato anche don Dino Campiotti direttore Caritas, e l’assessore ai servizi sociali Augusto Ferrari, si è riflettuto sui problemi abitativi della città e sul disagio sociale di cui il campo Tav è un segno evidente. Tra le prospettive in discussione la sua trasformazione in spazio di housing sociale.
430 persone, 90 famiglie, 160 minori, 70 singles: questi i numeri – aggiornati allo scorso 13 novembre – degli ospiti dell’ex Campo Tav di via Alberto da Giussano, «il luogo che rappresenta la risposta oggi più significativa ai problemi dell’accoglienza e dell’abitare ma anche il luogo che sta diventando sempre più fisso e sempre meno temporaneo», come ha sottolineato Domenico Rossi, presidente dell’associazione “SerMais. Società Civile Responsabile”, in occasione del secondo appuntamento della scuola di politica “Imparare Democrazia” che, in questo secondo anno, si prefigge di riflettere non solo sulle conseguenze della crisi, ma soprattutto sulle sue ricadute nel nostro territorio.
La complessa e, a tratti, contraddittoria situazione dell’emergenza abitativa a Novara, di cui il Campo ex Tav è uno dei nodi cruciali, e soprattutto, alcune ipotesi per la sua evoluzione o trasformazione nel medio – lungo termine sono state al centro della riflessione proposta durante l’incontro “Vite di scarto? Le conseguenze sociali della crisi a Novara” da don Dino Campiotti, direttore della Caritas diocesana e presidente della Cooperativa Emmaus che gestisce, dal marzo 2011, l’ex Campo Tav, e da Augusto Ferrari, assessore comunale alle Politiche sociali.